Tropea, Dalla parte degli ultimi: Convegno organizzato dalla Fondazione don Mottola


Il 29 giugno del 1969 ritornava alla casa del Padre il Beato don Francesco Mottola da Tropea, fondatore dell’Istituto degli oblati e oblate del Sacro Cuore. Tropea custodisce l’antica icona della Madonna di Romania, tanto venerata dal beato Mottola.

Nell’ambito dei festeggiamenti in onore del Beato don Francesco Mottola, il 29 giugno 2022, solennità dei santi Pietro e Paolo e anniversario del pio transito del sacerdote tropeano, si è svolto un importante convegno interdisciplinare, organizzato dalla Fondazione don Mottola, presieduta dal prof. Paolo Martino.

Il convegno, dal titolo “Dalla parte degli ultimi. La scelta del Beato Don Francesco Mottola” è stato coordinato dalla Vicepresidente della Fondazione Don Mottola, Antonella Marincola con la partecipazione di personalità ecclesiastiche e civili e devoti del Beato Mottola. Ad ospitare l’evento, la Casa Madre degli Oblati del Sacro Cuore, in via Via Abate Sergio a Tropea, la stessa in cui Don Mottola accolse in ginocchio i “nuju du mundu”: i poveri, gli ultimi, gli scartati – come gli chiama Papa Francesco.

Dopo i saluti iniziali delle autorità e dei rappresentanti degli Oblati del Sacro Cuore, hanno preso la parola i relatori del convegno.

Don Francesco Sicari, Fratello Maggiore dei sacerdoti Oblati del Sacro Cuore, ha spiegato che “tenere insieme contemplazione e azione è tenere uniti l’altare e la strada. Don Mottola ha scelto di stare con gli ultimi. La sua non fu solo una scelta morale, o una dimensione umana, ma perché comprese che negli ultimi si concretizza l’incontro con Cristo di cui egli fece esperienza nella preghiera”. Per il beato Mottola “la questione sociale è una questione mistica, è una questione teologica”, conclude Don Sicari.

Don Pasquale Russo è intervenuto proprio sulla scelta di Don Mottola di stare dalla parte degli ultimi nella “Tropea nei primi anni del Novecento”: portando la croce non solo sua, ma anche e soprattutto quella dei “nuju du mundu” di cui si fece carico. “Con Francesco Mottola ho avuto un rapporto molto bello, mi ha trattato come un figlio”, confessa don Pasquale.

L’intervento del linguista e glottologo Paolo Martino, Professore Onorario  presso il dipartimento di Scienze umane dell’Università LUMSA, si è concentrato sul tema “Solidarietà, misericordia e carità nel lessico di don Mottola”. Una lezione scientifica, quella del Prof. Martino, il quale ha spiegato come la ricerca scientifica deve avere novità, incremento di conoscenza, metodo, verità e sintesi. Dalla biografia del Mottola sappiamo che il sacerdote tropeano, nel 1942, perse la parola. “Quindi, smette di comunicare?”, si domanda Martino. “Al contrario. Non si comunica solo con la parola”, replica. Ma, a che serve una lingua? “La risposta è sempre la stessa: serve per comunicare. Ma c’è un’altra funzione della lingua, più importante: serve per pensare, per categorizzare. Se non avessimo una lingua materna, i pensieri girerebbero nella testa come un magma. Ecco perché i contenuti variano da lingua a lingua.” Martino ha spiegato la differenza tra linguaggio, lingua e linguaggi, tra “linguaggio apofantico” e “lingua performativa” etc. E’ vero che “si parla con la bocca, ma anche con gli occhi, con i gesti, col silenzio: che è il più eloquente della parola”, afferma Martino che, entrando nello specifico spiega che la parola, per don Mottola, è un fiore: “togliamo dagli altari dell’anima i fiori finti dell’anima”.

La Parola

E’ fiore che nasce da noi: dalla nostra sostanza umana in comunione con l’Infinito, come il fiore delle piante che à in sé l’umore della terra – della sua terra – e i colori del sole. E’ la sintesi suprema di uno sforzo vitale il fiore della pianta, che in primavera, quando il sole più arde raggiunge la sua esuberanza espressiva: mille e mille fiori! Senza unità di vita, esuberanza di vita, di vita umana, che è carne e sangue, intelligenza e volontà: nessuna parola è vera parola; senza comunione con l’Infinito nessuna parola – perché ogni parola è risplendenza, sia pure tenue, della Parola eterna nella carne umana.
Un decreto della S. Congregazione dei Riti, à tolto i fiori finti dagli Altari, su cui s’immola il Verbo incarnato – togliamo dagli altari dell’anima, dove abita la Trinità, tutti i fiori finti delle parole, che non son vita. Ne verrebbe fuori una montagna di ciarpame più alta certamente dell’Everest.

(Sac. Francesco Mottola OSC)

“La parola è una parabola.”, spiega Martino. Gesù parlava per parabole per far comprendere la Parola di Dio. Da cui, per esempio, in romeno, deriva il termine “palavragiu” (it. ciarlatore), in senso negativo, si dice di colui che parla molto e senza senso dicendo cose di scarsa importanza (cf. DEX).

Paolo Martino ha chiarito nel suo intervento l’importanza della “cultura” per don Mottola, per il quale “il cristiano non sfoggia cultura umana, ma attua in silenzio la Carità, poema dell’amore”. Mottola amò usare frasi in latino nei suoi scritti. Con stile poetico, esprime concetti seri. “Perché usa frasi in latino?”, si domanda Martino: “Il latino, lingua materna dell’Europa”, secondo A. Meillet (Esquisse d’une histoire de la langue latine (Hachette, 1928). “Il latino è la forma mentis dell’Europa.”, afferma Paolo Martino, concludendo con un’esposizione etimologica magistrale dei termini ‘solidarietà’, ‘misericordia’ e ‘carità’ nel lessico di don Mottola.
L’intervento di Rocco Pititto dell’Università di Napoli ha avuto un taglio filosofico, ricco, intenso, a tratti commovente. Il tema “Farsi prossimo: una rilettura della parabola del buon Samaritano alla scuola di Don Mottola”, ha suscitato molta attenzione da parte del pubblico presente. La domanda è: “chi è il nostro prossimo?”, afferma Pititto, in quanto “Gesù non risponde personalmente alla domanda, ma con la parabola spiega ciò che ognuno deve intendere: Vai e fai pure tu lo stesso.”

Mediante il racconto della parabola, Gesù risponde al suo interlocutore, e indirettamente a noi credenti, “mostrando” la persona del Padre suo nell’atto di prendersi cura dell’uomo, protagonista della parabola, dove cura diventa sinonimo di custodia e di difesa, di premura e di sollecitudine, di rammendo del corpo e dell’anima di quell’essere dell’uomo, che si presenta allo sguardo d’altri nella sua fragilità, depredato e abbandonato morente sul ciglio di strada di una periferia del mondo.

La domanda sorge spontanea: chi è il soggetto della parabola? Pititto spiega come “L’uomo, creatura di Dio, si trova, spesso anche per colpe non sue, in grave pericolo di vita. Solo Dio lo può salvare dalla morte, non importa se l’uomo lo cerchi, o meno. ”

L’immagine scelta per la locandina del convegno è un graffito, che ripropone la scena principale della parabola del “buon Samaritano”. La stessa scena che i pellegrini in cerca della spiritualità di Don Mottola trovano su una parete della Cappella della “casa della carità” di Tropea, dove si è tenuto il convegno stesso. Fu don Mottola a volere il graffito, afferma Pititto: “Il samaritano è ripreso nell’atto del suo chinarsi sull’uomo derubato e malridotto dai suoi aggressori. Più che di un chinarsi dell’uno sull’altro, il graffito dà l’idea di un abbraccio fraterno tra due esseri umani, che si cercano, s’incontrano e si riconoscono fratelli. È l’inizio di un camminare insieme, una promessa di fedeltà per entrambi carica di futuro, che, intanto, restituisce al povero giudeo la sua dignità.” In poche parole, la parabola del buon Samaritano altro non è che “il manifesto del buon cristiano”. E “come il samaritano, il sacerdote di Tropea è andato in soccorso di chiunque avesse avuto bisogno di lui, chi di uno sguardo, chi di un sorriso, chi di una parola, chi di una abitazione”, conclude Prof. Pititto. Le parole della parabola, Don Mottola le ha “interiorizzate nel profondo della sua anima per essere realizzate nel contesto della nostra contemporaneità. Egli si è calato, per questo, nei panni del samaritano, facendosi carico dei bisogni e delle attese dei poveri del mondo e degli ultimi.” Ecco la lezione più profonda che possiamo imparare da Don Mottola oggi. Dice Pititto: “Un cristianesimo vissuto si realizza solo nella consapevolezza della comune sofferenza che lega in comunione Dio e l’uomo. Gesù – come scrive don Mottola – soffre “in tutti i sofferenti del mondo”: L’altra sera, nella mia cameretta, povera, ma riparata e raccolta, pensavo angosciosamente a Gesù sofferente in tutti i sofferenti del mondo e sentivo il rimorso tenace di un cristianesimo così poco vissuto. (cf. F. MOTTOLA, Itinerarium mentis, in ID., Opera omnia degli scritti di don Francesco Mottola, V, a cura di P. Gheda, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000).

E, con un accorato appello, il Prof. Rocco Pititto conclude: “Il male può essere contrastato solo mediante l’amore. Il soggetto della cura del samaritano attende di essere salvato. Egli non può morire per mano dei nemici di Dio. Siamo noi credenti a dover lottare contro il male, nella assoluta consapevolezza che su tutte le nostre inadeguatezze si stende il dono della grazia di Dio. Dio si unirà a noi nel nostro sforzo di costruire una città più vivibile e a misura d’uomo. Sta qui la lezione di vita di don Mottola, che ritorna oggi ancora più attuale.”

Simona Cecilia Crociani Baglioni Farcas ha presentato “L’economia carismatica nell’opera di Francesco Mottola”, citando i maggiori economisti interessati al paradigma dell’economia civile, come alcune tra le maggiori figure carismatiche consapevoli che la dimensione spirituale sia parte integrante ed integrale dell’agire economico. Crociani Baglioni sostiene che i tempi siano maturi per agire concretamente promuovendo “un’economia che abbia la persona umana come fine. La persona umana deve ritornare protagonista ed artefice del proprio futuro, poiché, così come è impostata oggi, possiamo dirlo forte e chiaro, con le parole di Papa Francesco (2013): “questa economia uccide!”. Uccide soprattutto nella sua degenerazione nel capitalismo finanziario selvaggio.”  Dunque, quale economia alternativa all’homo œconomicus? “Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio (Prima Lettera di Pietro, v.10).” Essendo il giorno della festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo, ci si domanda: “Qual è l’invito di Pietro? È quello di vivere il proprio dono (charisma) come servitori (diakonia) diventando amministratori (oìkonòmoi) della Grazia (4,10).”, afferma Crociani Baglioni. […] Come cristiani siamo chiamati a mettere la grazia, il dono ricevuto, le virtù buone, in circolo a beneficio di tutti. Ciò che abbiamo a disposizione sono doni da custodire e amministrare bene, cioè, fare fruttificare, in modo che il di più, l’interesse, vada consapevolmente per il bene comune, a beneficio di tutti. Come cristiani – afferma Crociani Baglioni – siamo chiamati, dunque, a diventare ‘economi’, ‘amministratori’ della multiforme grazia di Dio che si esprime anche mediante i carismi.” Don Mottola rispose a questa chiamata, mettendo il suo carisma in modo radicale a servizio degli ultimi:  “Noi siamo i contemplativi della strada, perché è dalla contemplazione che procede l’Apostolato: se fallissimo a questa meta, a tutte le mete falliremmo. La sostanza della nostra concezione è crucisegnata. Un asse verticale che sale dalla terra al Cielo, e solo a questo patto allarga le braccia a tutto il mondo e lo conquista.“, come egli scrisse nell’editoriale Parva Favilla 19 del 1952. “Perché sia carismatica – sostiene Crociani Baglioni – l’economia ha bisogno di persone pronte a donare se stesse reciprocamente; persone disposte a ri-scrivere nuove pagine di storia.” Dunque, “contemplazione e azione”: per don Mottola agire, è frutto della contemplazione.”, continua Simona Cecilia Crociani Baglioni. Come? “Dicendo, anzitutto, ‘No alla cultura dello scarto’ – con Papa Francesco – prendendosi cura gli uni degli altri ed insieme degli ultimi, dei “nuju du mundu”, come dice Don Mottola, che per loro istituì le “Case della Carità”, continua Crociani Baglioni. “Quest’opera sociale fondata dal Mottola – le Case della Carità – si inserisce perfettamente nel paradigma dell’economia civile e carismatica, che è un paradigma tipicamente italiano, come sostengono Stefano Zamagni, Luigino Bruni ed altri economisti civili, i quali fanno risalire le sue origini ad Antonio Genovesi, ma le cui radici si possono scorgere già in S. Francesco d’Assisi e ancor prima in S. Benedetto da Norcia. […] L’opera sociale di Don Mottola, con le case di carità, rientra in un tipo di economia che possiamo definire carismatica, poiché nasce non da interessi personali; nasce non da un desiderio di fare profitto o di massimizzare il profitto. La Casa di Carità nasce dal carisma spirituale di Francesco Mottola, che può a buon diritto essere annoverato tra i carismatici fondatori di economia della cura. L’opera sociale del Mottola fonda il proprio agire sullo stesso principio che anima l’economia carismatica: il principio di gratuità, ovvero di oblazione, da cui gli Oblati del Sacro Cuore. Sono esperienze che danno spazio a delle forme di gratuità. Ciò non significa fare le cose gratis.” Crociani Baglioni ha spiegato quindi la differenza tra “gratuità” e “gratis” alla luce del paradigma civile dell’economia, evidenziando che un approccio economico in senso classico del termine (il modello dell’homo oeconomicus), non sia più sostenibile oggi, proprio a causa delle risorse limitate. E’ il motivo per cui la politica ha cessato di svolgere il suo ruolo primario, di dirimere le relazioni internazionali con il dialogo, lasciando così spazio alle armi. Come nel caso del conflitto in atto. “Persona, casa, comunità: Elementi di economia civile nell’opera di Francesco Mottola” è il titolo della tesi di Licenza in Scienze Sociali alla Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino in Urbe, in cui, attraverso un approccio interdisciplinare, Simona Cecilia Crociani Baglioni Farcas spiega proprio l’urgenza di cambiare rotta, non solo in economia.

Al termine del convegno, Vittoria Saccà ha illustrato le motivazioni per le quali la Fondazione ha consegnato il Premio don Mottola, giunto alla XXXIª Edizione, che è stato consegnato da S. E. Mons. Attilio Nostro Vescovo di Mileto–Nicotera–Tropea.

Coordina il Convegno, Antonella Marincola Vicepresidente della Fondazione don Mottola di Tropea
S. E. Mons. Attilio Nostro Vescovo di Mileto–Nicotera–Tropea e Vittoria Saccà
Antonella Marincola e Paolo Martino durante il convegno
Prof. Rocco Pititto durante il convegno
D. Marafiotti è intervenuto con il tema “Don Francesco Mottola: una santità per tutti.

Prima festa liturgica del Beato don Francesco Mottola – Tropea: https://www.vibonesiamo.it/wordpress/2022/06/14/prima-festa-liturgica-del-beato-don-francesco-mottola-tropea/

Romania. Figure illustri nella storia delle Diocesi di Chişinău e di Iaşi (di P. Ciobanu e D. Doboș)


Pubblichiamo la Prefazione di S.E. Mons. Anton Coşa Vescovo di Chișinău, al libro Figure illustri nella storia della Diocesi di Chişinău e della Diocesi di Iaşi [Figuri ilustre din istoria Diecezei de Chişinău şi a Diecezei de Iaşi], pubblicato da “Sapientia”, la casa editrice dell’Istituto Teologico Romano-Cattolico di Iași (Romania). Il volume, pubblicato in lingua romena, è a cura di Don Petru Ciobanu e Dott. Dănuţ Doboș. Esce nella collezione “Storia della Chiesa”, in formato 17×24. Ha 372 pagine e può essere ordinato presso Sapientia Bookstore (www.librariasapientia.ro), al costo di 40 lei.

Facciamo ora l’elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni!” (Sir 44, 1) Inizia così il saggio Ben Sirah il suo elogio degli antenati, offrendo ai lettori e adoratori del vero Dio numerosi modelli di fedeltà all’Altissimo. Il suo esempio è seguito, anno dopo anno, dall’autore della Lettera agli Ebrei, che descrive la fede di Abramo, di Mosè e di altri eroi (cfr. Eb 11, 8-40), culminata in Gesù Cristo, che chiama «L’inizio e la perfezione della fede» (Eb 12,2). E non credo che questo versetto delle Sacre Scritture sia stato scelto invano per rappresentare lo spirito di questo libro.

Non c’è dubbio che abbiamo bisogno di esempi per rimanere fedeli a Cristo. Ma dove trovarli? Nelle pagine della Sacra Scrittura, sarebbe la prima delle risposte. Ma anche nella storia bimillenaria della Chiesa, che abbonda di eroi della fede che, secondo il salmista, «hanno gli occhi fissi sul Signore nostro Dio ” (cfr. Sal 123, 2). La coorte di apostoli, martiri, confessori, pastori, vergini, uomini santi e donne sante che hanno camminato avanti a noi, aprendo così la strada all’eternità, ci parla ancora oggi, fiduciosi che seguire il Signore sia la cosa più bella su questa terra, nonostante le molte insidie ed ostacoli.

Ma non è solo immergendoci nella notte dei tempi o attraversando mari e terre che troviamo tali modelli o – per usare il titolo di questo libro – figure illustri che dirigano a Dio lo sguardo nostro della fede. Le abbiamo così vicine a noi, sia come tempo che come spazio, proprio in Romania, questo “Giardino della Madre di Dio”. E sono contento che i due autori –  Don Petru Ciobanu e Dănuţ Doboş – vengano con questa nuova apparizione editoriale. Per farci conoscere più da vicino numerosi illustri personaggi delle Chiese locali di Chișinău e di Iași, il cui ruolo nel preservare e trasmettere la fede è indiscutibile. E se oggi noi romeni godiamo della libertà di farci il segno salvifico della croce, di pregare senza paura di essere perseguitati, di poter andare in chiesa senza temere di essere arrestati e portati verso una destinazione sconosciuta, ciò si deve molto a queste persone che hanno lavorato per la gloria di Dio e il bene della Chiesa, nonostante le molte avversità e persecuzioni che in molte occasioni hanno dovuto affrontare.

Prof. Edgar Papu

Il volume, che raccoglie il frutto di un lavoro già pubblicato per quasi due decenni sulle pagine della rivista Lumina creștinului, sotto il titolo eloquente: Personaggi illustri nella storia della Diocesi di Chisinau e della Diocesi di Iasi, è una proficua continuazione della collaborazione tra i due leader del passato delle due Chiese locali. Dopo l’uscita di La Chiesa e la scuola: dalla storia dell’educazione cattolica in Romania (Iaşi 2020), Il Beato Anton Durcovici: fiore scelto nel Giardino della Madre di Dio (Iaşi 2020), e i tre volumi della collana Chiesa e storia, pubblicati nel 2021 (vol. I: Resistenza per fede, vol. II: Persone che hanno fatto la storia, vol. III: Itinerari storici e culturali), abbiamo ora davanti a noi questo nuovo libro al quale si adattano bene le parole del Libro di Ben Sirah, citate nella Prefazione.

Ma, sarebbe troppo restrittivo dire che l’opera sia frutto della sola collaborazione tra i due autori. È molto più di questo, essendo il frutto del legame tra le Chiese delle due Moldavie sulle sponde del fiume Prut, unite dalla comunione di fede, storia, lingua; nonché dal costante sostegno offerto alla giovane Diocesi di Chișinău da parte della Diocesi di Iași. E le persone consacrate tra il Prut e i Carpazi che hanno servito e servono tuttora il popolo di Dio nella Repubblica di Moldova. Vale la pena ricordare a questo proposito il fatto che Don Petru Ciobanu, coautore del libro, ha ricevuto la formazione nel Seminario “San Giuseppe” di Iasi, anche se come storico si formò a Chișinău.

Ma tornando alle “Persone illustri”, sfogliando il libro, ho riconosciuto tante persone del lontano o più recente passato delle due Diocesi; alcune delle quali ho avuto modo di conoscerle personalmente e anche di collaborare con loro. Ciò mi ha reso molto felice e, come vescovo della Diocesi di Chișinău, sono grato altresì agli autori che anche personalità bessarabiche, ivi nate o che abbiano svolto qui la loro missione, siano state inserite nella lunga lista di volti che ho avuto il piacere di incontrare sfogliando le pagine di questo libro. Ed esprimo ancora la mia gratitudine per le tante figure illustri della Diocesi di Iasi, mia diocesi natale, in cui sono nato, cresciuto e mosso i primi passi sulla via della fede, formandomi come sacerdote. Alla Diocesi di Iasi sono rimasto attaccato nonostante siano trascorsi oltre trent’anni di missione pastorale nella Repubblica di Moldova.

Sì, ci sono “Persone che furono” – per usare il titolo di un libro del grande storico Nicolae Iorga – persone del passato, ma che hanno molto da dire alle persone che vivono oggi, ai cristiani di oggi; a chi è stato affidato il vessillo della fede da tramandare alle generazioni future. E non solo abbiamo molto da imparare da questi degni precursori della nostra fede, ma anche molto da imparare da queste illustri figure! Pertanto, considero questa pagina della nostra storia non solo come un elogio ai nostri antenati, ma anche come un libro di testo dal quale possiamo imparare ad essere fedeli al nostro Salvatore.

† Anton Coşa Vescovo di Chișinău

S.E. Anton Coşa Vescovo di Chișinău e la Prefazione al libro

Fonte: https://librariasapientia.ro/figuri-ilustre-din-istoria-diecezei-de-chisinau-si-a-diecezei-de-iasi.html

Traduzione in italiano a cura di Simona Cecilia Crociani Baglioni Farcaș


Petru Ciobanu, Dănuţ Doboş
TitluFiguri ilustre din istoria Diecezei de Chişinău şi a Diecezei de Iaşi
EdituraSapientia
ColecțiaIstoria Bisericii
An apariție7 apr. 2022
Număr pagini372
ISBN978-606-578-480-2