Relazione della Dott.ssa Gabriela Floria, Università di Roma “La Sapienza”, in occasione del Convegno tenutosi il 23 gennaio, a Roma, presso la Camera dei Deputati, dal titolo “Elezioni Europee 2009 – Tutti possiamo votare in Italia, purché si sappia!”
• Le problematiche connesse all’argomento di questo convegno sono ben note agli addetti ai lavori, così come lo sono state le premesse giuridiche che le sottendono: il vero problema, reale ed impellente, è quello di far pervenire il messaggio a chi questo diritto-dovere deve esercitarlo e fargli percepire l’importanza della sua partecipazione per uno sviluppo positivo della vita e della rappresentatività democratica sia del Paese in cui questi cittadini vivono sia del Paese da cui essi provengono.
• A margine, io sono romena, qui vivo da 10 anni, qui mi sono laureata, qui sto completando un Dottorato di Ricerca all’Università la “Sapienza”, la comunità romena in Italia rappresenta il nucleo più consistente ed importante (almeno numericamente) degli “stranieri” residenti in Italia. Sento di essere e quindi sono, contemporaneamente, cittadina romena, italiana ed europea.
• Ma le argomentazioni, che mi accingo a sviluppare, valgono per tutti i cittadini stranieri residenti in Italia, qualsivoglia sia il Paese di provenienza, comunitario o no, regolare o clandestino sia l’individuo cui sono rivolte e a cui s’appellano. Infatti ciò che si potrà e vorrà fare potrà essere di esempio virtuoso e di stimolo a chi “regolare” vuole diventarlo e a chi desidera veramente integrarsi nella Comunità che lo ospita.
• “Brevi manu”, dopo alcune considerazioni sullo “status quo” e sulle difficoltà burocratico-legislative interposte, mi limiterò a tracciare un percorso virtuoso di adempienze formali ed un appello a che tutti facciano la loro parte, per quanto di loro competenza.
• Il “Corpus juris” di ciascun Stato (nazionale e sovrano) aderente all’U.E. è da tempo soggetto a variazioni ed adeguamenti in relazione ai trattati liberamente sottoscritti. Il recepimento di queste direttive comunitarie, con i relativi passaggi parlamentari e i decreti attuativi susseguenti, rappresenta spesso per l’Italia un momento di rallentamento del processo di adeguamento legislativo e di confusione formale. Mi rivolgo soprattutto ai politici (di ordine legislativo e amministrativo) che vedo presenti in forze, e ricordo loro come altri Paesi, tra cui la Romania, di recente acquisizione all’ Unione, debbano sopportare gli stessi sforzi in tempi scanditi, in assoluto molto più esigui.
Senza contare il fatto che l’Italia è Stato fondatore della CEE e dell’Unione Europea e che i nuovi membri provenienti dal mondo collettivista,
dell’ex cortina di ferro devono superare lo “shock” di un completo riassetto della loro società civile. Questo per dire che i cittadini europei provenienti da Paesi del defunto “socialismo reale”, avvezzi a misure impositive e talvolta coercitive, vanno informati ed istruiti, se possibile, con strumenti chiari, univoci, spogliate queste informazioni dai “bizantinismi” di una burocrazia che, in Italia, talvolta supera l’esempio dei citati maestri.
• Per approfittare di queste onorevoli presenze, e per entrare nel dettaglio, in Italia, si fa un gran parlare di massimi sistemi (tutela delle minoranze, riforma della Giustizia, privacy ed intercettazioni, ecc..), poi ci si dimentica, o si posticipa “ad libitum” di dar seguito a provvedimenti di esigenza sociale come la regolamentazione dello status delle badanti o le questioni burocratiche connesse al rilascio, in tempi biblici, dei permessi di soggiorno e, se vogliamo, un controllo più puntuale sulla situazione del lavoro in nero dei cittadini infra ed extracomunitari. Si promette al cittadino, da sempre, una semplificazione legislativa, ma i risultati sono ben lungi a venire, anzi l’adempimento a normative comunitarie provoca spesso il contrario.
• D’altro canto ci sono le rappresentanze e le legazioni diplomatiche che, porzioni di Patria in territorio straniero, dovrebbero avere in pugno l’esatta situazione e rendere ai propri concittadini residenti tutte le informazioni ed il supporto che loro abbisogna nelle questioni burocratiche di normali relazioni internazionali, ma anche di informazione sui loro diritti civili e politici.
Ci sono le Associazioni le quali non dovrebbero perseguire sogni di potere di parte o di altro genere.
• Oggigiorno non siamo più al tempo dei banditori e delle loro grida; l’informazione e la conoscenza ha fatto crollare imperi monolitici e potenti, seppur controllati. Prima c’erano solo i quotidiani ed i periodici, ora Televisione e Internet possono superare qualsiasi barriera naturale, mentale o ideologica e penetrare direttamente nella coscienza di ognuno. Vi è, però, un grande problema da non sottovalutare, ovvero i cittadini romeni presenti in Italia sono spesso passivi e disinteressati alla politica e a coloro i quali si autoproclamano i loro rappresentanti e i quali prendono decisioni nel nome e per conto della Comunità.
• Allora tutti facciano la loro parte, in un’opera di divulgazione capillare e insistita:
– Ministero dell’Interno ed Enti Locali;
– Ambasciate e Consolati;
– Associazioni;
– Università e Scuole;
– Chiese e luoghi di Culto;
– Singole persone (di spettacolo, di cultura) che, nell’ambito delle loro attività, vengono a contatto con il loro pubblico, con la gente.
• In questa campagna di informazione sono di fondamentale importanza i media (di ogni genere e grado, nazionali e locali ) e coloro i quali hanno accesso ai media (quindi anche voi politici). Per tempo, quindi immediatamente, il Ministero, Enti Locali, Ambasciate allestiscano appositi “spot” da pubblicare con alta frequenza. Tutti gli altri si mettano a disposizione e ne parlino, anche solo per 2 minuti, come intercalare nelle trasmissioni in cui sono invitati, anche in quelle trash.
• L’appello di partecipazione al voto, in fin dei conti questa è anche la mia proposta , affinché ciascuno faccia il suo diritto/dovere di cittadino, potrebbe risvegliare nelle coscienze dei cittadini quel sentimento di appartenenza europea, di questi tempi un po’ sopito. Di per se la sola quota di partecipazione al voto, se sarà sostanziosa e rappresentativa, potrebbe dare un segnale di consenso rinnovato nella politica e nelle sue Istituzioni.
• L’analisi politica dei risultati verrà dopo e ciascuna parte potrà trovare acqua per il proprio mulino.
Gabriela Floria
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