Pistoia. Dai un senso alla vita: Rispettala, premiazione


Ripartiamo: uguali o diversi?

Annus horribilis il 2020 nel quale è rimasta coinvolta anche la manifestazione che da 14 anni inaugura la primavera. La XIV edizione di “Dai un senso alla vita : rispettala !” non si è realizzata. Troppa la paura del contagio da Covid, ma non tanta da impedire agli organizzatori di riprogrammarla per quest’anno, 2021.
Il Laboratorio Toscano A.N.S. di Scienze Sociali, Comunicazione e Marketing, braccio operativo del Dipartimento regione Toscana A.N.S., presenta nuovamente il progetto, proponendo una riflessione sulle tematiche relative agli effetti individuali e sociali prodotti dalla pandemia. Protagonisti di questa survey saranno le ultime generazioni perché è soprattutto su di esse che si è esercitata l’azione del morbo costringendole a reinventarsi un immaginario fondato su una inattesa consapevolezza delle proprie fragilità e la costrizione a ridefinire i rapporti interpersonali.
Sicuramente – come già sappiamo – la ricerca medica riuscirà a liberarci dalla pandemia ma non conosciamo ancora quali ne saranno le conseguenze; quali cambiamenti caratterizzeranno le relazioni sociali che si stabiliranno in un mondo segnato irrevocabilmente dalle ferite prodotte dalla peste del XXI secolo da cui sono state investite le nuove generazioni.
Per questo il Laboratorio Toscano A.N.S ha deciso di proporre una riflessione sulle problematiche suscitate da Covid, sul presente come sul futuro. “Crediamo infatti che il coinvolgimento diretto delle nuove generazioni in una ricerca finalizzata a conoscere i loro giudizi etico- politici, le proiezioni nel futuro delle loro vite sia di fondamentale importanza per impegnarci nella costruzione di un mondo diverso. Che siano loro stessi a indicare le strade da perseguire per trasformare la paura in impegno, la fragilità in tenerezza, l’insicurezza in consapevolezza del comune destino dell’umanità.
Senza alcun atteggiamento paternalistico né prescrittivo il nostro intervento sarà di porsi in ascolto delle posizioni espresse dai giovani sul loro vissuto durante quest’ultimo anno e il futuro che si aspettano”.
Il periodo della manifestazione è: 7 aprile – 11 maggio 2021 dal titolo: “Ripartiamo: uguali o diversi?” Il progetto si propone di offrire elementi di riflessione e strumenti per comprendere quanto è accaduto e immaginare ciò che potrà accadere.
Per la sua realizzazione gli organizzatori si sono avvalsi della collaborazione di alcuni Istituti pistoiesi insieme all’Associazione Nazionale Sociologi.
Per info: http://www.labotosc.com

Vai sul link https://www.labotosc.com/daiunsensoallavita/index-concorso.php e vota:

24-Camilla di Monte, Sara Dumitrascu, Marika Savino, Alice Ferraris e Asia Giannanti- Guarda il video

https://youtu.be/Db5pnj_88No

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EUROITALIA news

Pistoia, 5 maggio 2021, ore 17,30 – 19,00, via Web. Ripartiamo: Uguali o Diversi? Guarda tutti i video: Dai un senso alla vita: Rispettala.

Il 5 maggio 2021, con il coinvolgimento dei ragazzi e dei video prodotti durante il progetto, attraverso la piattaforma di TVL Pistoia, si terrà l’Incontro su Google Meet, al quale parteciperanno studenti, professori, esperti della materia e sociologi ANS.
Codurrà i lavori il Presidente ANS Toscana e Dirigente naz.le Giuliano Bruni.
Tra i vari partecipanti ai lavori, il Presidente nazionale ANS Pietro Nazionali e il Segretario nazionale ANS Antonio Polifrone.

Nei giorni successivi all’evento Web, Covid permettendo, si terrà la premiazione finale dei concorsi, che avverrà all’interno dei locali del Comune di Pistoia alla presenza di autorità locali e regionali. Sono previsti 3 vincitori per ogni concorso: 1°, 2° e 3° classificato.

Per info su date ed eventi: https://www.labotosc.com/

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Eugenio Coseriu - www.coseriu.de/

Eugenio Coseriu – Linguistica del testo. Riassunto.


Riassunto del testo molto schematico – tracce di studio.

La Linguistica del testo di Eugenio Coseriu contiene l’originale proposta teorica del linguista rumeno, proposta che è anche uno schema interpretativo valido per ogni tipo di testo.

Coseriu individua tre piani differenti nel linguaggio:

  1. Un piano universale del parlare
  2. Un piano storico, delle lingue
  3. Un piano del testo

A questi tre piani distinti corrispondono tre competenze:

  1. Una competenza universale, parlare in modo chiaro, logico, coerente, ecc.
  2. Una competenza determinata storicamente, ossia il saper parlare una lingua
  3. Una competenza particolare, ossia il saper produrre determinati testi

Il porre il piane del testo come piano autonomo è la vera chiave di volta della teoria di Coseriu. La legittimità di questa operazione, a suo dire, è testimoniata da molti fenomeni: ad esempio, per motivi interni al testo si può deviare dalle regole della grammatica, possono esistere (ed esistono) testi plurilingui. alcuni tipi di testi possono avere una tradizione autonoma (pensiamo ai generi letterari).

Ognuno di questi tre piani possiede delle funzioni autonome. Giusto per fare un esempio, la categoria extra-linguistica dell’agente, appartiene al piano del parlare universale, tuttavia essa può essere espressa da funzioni della lingua differenti (soggetto o complemento d’agente).

A queste funzioni autonome corrispondono livelli semantici autonomi:

  1. Alle funzioni del parlare in generale corrisponde la designazione
  2. Alle funzioni della lingua corrisponde il significato
  3. Alle funzioni del testo corrisponde i senso

Designazione e significato, considerati unitariamente, costituiscono il significante del senso unità di ordine differente. Nei testi sussiste sempre questo rapporto duplice che può portare ad una corretta comprensione del significante senza tuttavia comprendere nulla del senso.

Così intesa la linguistica del testo si configure come ermeneutica del senso e Coseriu sottolinea che per lui ermeneutica coincide con la filologia rettamente intesa.

Abbiamo schematizzato il testo sia per mostrarvi un po’ più nel dettaglio gli argomenti contenuti all’interno sia per aiutarvi a memorizzarlo se lo state studiando

INTRODUZIONE ALLA PROBLEMATICA DI UNA LINGUISTICA DEL TESTO

    • Definizione di testo: 1) Applicazione delle regole di una lingua determinata in un insieme chiuso 2) Concetto all’interno del quale si operano distinzioni come “romanzo” “tragedia “commedia”, senza far entrare in gioco le regole di una lingua determinata
    • Def.di linguaggio: p.31
    • 3 livelli (universale, storico, testi)
    • Stilistica letteraria e retorica (a chi si parla, circostanze, oggetto di cui si parla)
    • Giustificazione della grammatica transfrastica (ellissi, “se solo sapessi”)
    • Domande: 1) riconosciamo se qualcosa è o no una risposta in relazione al testo
    • Riconosciamo anche che tipo di risposta è (studia? Legge). Sostituzione: i pronomi ad esempio stanno al posto del nome, ma è vero anche il contrario “cosa legge Coseriu?” sta per “cosa leggo io ?”
    • Tutti questi esempi oltrepassano il confine della frase
    • Si tratta del testo inteso come livello della strutturazione grammaticale idiolinguistica
    • Livelli di strutturazione idiolinguistica: elementi minimi, parola, sintagma, clausola (“naturalmente lo ha fatto”), frase, testo. Il latino non ha nè il livello della parola nè del sintagma.
    • i tre tipi di linguistica del testo 1) grammatica transfrastica 2) linguistica del testo anteriore alle singole lingue 3) falsa via. L’intera linguistica va “sciolta” nel testo.
    • corretto è dire che esprimersi linguisticamente significa comporre testi. E’ sbagliato invece credere che la competenza della lingua (storicamente intesa) e quella di “produrre testi” siano lo stesso.
    • La terza linguistica divide i testi in enunciazione e narrazione
    • Es. di Kafka: limitazioni e precisazioni —-> incertezza (senso del testo)
    • Linguistica del testo come ermeneutica e filologia rettamente intesa
    • A) Piano del parlare in generale: 1 – riferirsi ad una realtà extra-linguistica.
      2 – facoltà universale del parlare a) principi del pensiero (identità, non contraddizione…) b) cognizione delle cose
    • b1) si presuppone nell’altro una cognizione delle cose (lì sulla strada)
    • b2) si presuppone una cognizione “umana” (un sole, una luna, due mani…)
    • B) piano delle lingue
    • C) piano del testo (elementi che ne giustificano l’autonomia):
      1. testi plurilingui
      2. dei testi oltrepassano le regole della lingua (mizu, mizu…stile dei telegrammi ecc…)
      3. sono condizionati dall’universo del discorso (mitologia, logica, scienza….)
      4. sono condizionati dalla situazione (“due da settecento e due da tremila”)
      5. tradizioni indipendenti
    • tre piani: universale, storico, riferito al testo
    • tre gradi (o tecniche): locutivo, idiomatico, espressivo
    • tre valutazioni: congruente, a)corretto b) esemplare, adeguato
    • Vale anche qui il principio della determinazione progressiva: adeguatezza può superare (aufheben) la correttezza
    • tre valori di contenuto corrispondenti ai tre piani del linguaggio:
      1. universale -> extralinguistico-metalinguistico (esempio del categoria agente)
      2. storico (significato) -> soggetto, strumentale, agentivo…..
      3. testo -> esortazione, risposta, preghiera, obiezione, scherzo……..
    • p. 74 (mondo-designazione, lingua-significato, testo-senso)
    • Sul senso: doppio rapporto segnico. Come in Saussure. Nel linguaggio tecnico designazione e significato sono spesso lo stesso, anche il senso talvolta: “cosa significa? esattamente quello che ho detto”

2. LINGUISTICA DEL TESTO COME LINGUISTICA DEL SENSO

    • Critica alla teoria dello scarto:
      1. Ogni testo possiede senso (non solo i testi poetici o letterari)
      2. La lingua o il testo poetico non deviano dal testo “normale”
      3. “Scarto” è un concetto relazionale, bisogna dire da cosa si devia.
    • Karl Buhler, il modello strumentale:
    • Linguaggio come organo. Segno linguistico è un rapporto triadico con ciò che lo circonda: mittente-oggetti-destinatario.
    • Mittente: Il segno notifica di uno stato psichico (successivamente sostituirà “notifica” con “espressione”)
    • Destinatario: il segno “richiama” (in seguito B. dirà “appella”)
    • Oggetti o stati di cose: il segno rappresenta (funzione principale e, tranne in casi limite, mai eliminabile)
    • Il segno dunque è simbolo (degli oggetti), sintomo (del mittente), segnale (nel suo appellarsi al destinatario)
    • Jakobson: estensione del modello buhleriano
    • J. tiene il mittente e il destinatario di Buhler. Sostituisce gli “oggetti e stati di cose con il “contesto” ed aggiunge il messaggio, il codice e il contatto. A questi sei caratteristiche del segno linguistico corrispondono 6 funzioni: emotiva (notifica), conativa (richiamo), referenziale (rappresentazione), fatica, poetica, metalinguistica. Schema a pg. 86
    • Coseriu critica la poetica (il come, l’attenzione alla forma – viene vista comunque come comunicazione).
    • excursus sulla comunicazione: è di due tipi —> 1) “comunicarsi a qualcuno o comunicare qualcosa qualcuno” 2) entrare in relazione con l’altro
    • p.91 “l’arte viene realizzata conformemente a un suo peculiare dover essere”
    • fatica e metalinguistica sono solo due casi del richiamo e della rappresentazione
    • cosa si salva in jakobson: 1 – intuizione sul poetico inteso come “rivolgersi a quel che è detto” 2 – non solo funzioni del segno ma “funzione del segno nel suo uso” (ossia dell’atto linguistico).
    • Ritornando su Buhler: è vero che la parola (il segno in Buhler) è organon (strumento)? B. dimentica il concetto (come dicevano gli stoici)) o significato ossia il cosa.
    • p. 95 primo schema allargato e migliorato da Coseriu
    • Differenza tra ciò che appartiene al segno (sintomo e segnale) e ciò che lo precede (il simbolo che è già tale anche solo nel pensiero)
    • p. 96 secondo schema allargato
    • Il senso emerge anche in relazioni ad altri fattori. Ad esempio la relazione tra segni
      1. Tra un segno ed un altro: a) sotto il profilo materiale (rima, alliterazione) b) sotto il profilo del contenuto (la parola pipistrello rimanda a “cose” differenti in ogni lingua
      2. Tra un segno ed un insieme o gruppo di segni (genere e sesso ad es. luna, sole, morte (maschili o femminii di volta in volta))
      3. Tra un segno e l’intero sistema di segni ossia la lingua storica e funzionale (aneddoto di Carlo V). (Hp di Hjelmslev)
      4. E ancora:
      5. relazione con segni in altri testi: discorsi ripetuti (“molti amici, molto disonore”) e detti proverbiali (“questo matrimonio non s’ha da fare”) due categorie difficilmente distinguibili
      6. relazioni con cose: 1) imitazione attraverso la sostanza del segno: a) onomatopea b) imitazione indiretta attraverso l’articolazione c) sinestesia.
        2) imitazione attraverso la forma (es. Ulisse Joice dura 24 h quanto la lettura del testo).
      7. Relazioni tra segni e “cognizioni delle cose”
      8. Regioni (zone, ambiti, ambienti)
      9. Intorni (schema pg. 122 – 123). Da notare: il contesto procede e segue, contesto extra-linguistico naturale.
      10. senso è combinazione di tutte le relazioni segniche, riunibili sotto il nome di evocazione che va ad aggiungersi a rappresentazione, notifica ed appello
      11. su Hyemslev e Jahnsen – p.135
      12. Non solo l’evocazione esaurisce il senso ma tutte le funzioni segniche
      13. Poesia: 1) tutte le relazione segniche non sono specifiche della poesia 2) le relazioni segniche hanno nella poesia la loro piena attualizzazione 3) Non è una modalità tra le altre ma il linguaggio per eccellenza 4) quindi contro Jakobson 5) linguaggio nella sua piena funzionalità. Contro la concezione del segno come strumento nel linguaggio poetico
      14. “non esiste una tecnica universalmente valida per interpretare un testo”
      15. non si da scienza dell’individuale
      16. tuttavia il “metodo commutativo” quello applicato normalmente nella “linguistica senza aggettivo” è il metodo corretto. Esso, applicato il più delle volte inconsapevolmente, deve tenere conto di tutte le relazioni sopra riportate (molte di più rispetto alle lingue).
      17. Anche i testi come le lingue possono essere analizzati nei termini di sincronia e diacronia (come voleva Saussure)
      18. Di nuovo contro la stilistica dello scarto
      19. I meriti di Spitzer. Manca però una enumerazione dei procedimente costitutivi del senso e l’articolazione del senso. Inoltre il senso non è solo dei testi letterari come bene ha individuato Antonello Pagliaro con la sua “critica semantica”
      20. Esempi:
        • Spitzer – Don Chisciotte (nomi plurimi, libro della libertà)
        • Kafka
        • Alceo tempesta (imitazione attraverso la forma)
        • Eschilo Agamennone (trasformazione di relazioni (paradigmi) in assenza in relazioni presenza)
        • Saffo Epitalamia (contesto extra-linguistico culturale)
        • Saffo Il quinto libro
        • Eschilo I persiani contesto linguistico indiretto
        • Canzone argentina -> contesto extra-linguistico naturale
      21. Il contesto tematico è parte del contesto linguistico indiretto (es. c’era una volta, il tema in Poe)
      22. Linguistica del testo e linguistica generale hanno più comunanze di quanto non si possa credere. Tuttavia la linguistica generale può essere soltanto una disciplina ausiliaria per la linguistica del testo. Essa ad esempio è utile quando il senso del testo nasce da un procedimento linguistico (men – de in Saffo o il “per” del cantico di frate sole) e la lingua è comunque sempre il “grezzo materiale” da cui si origina il senso.
      23. Linguistica è comunque filologia per come era intesa (arte dell’interpretazione dei testi) ed ermeneutica.
      24. Il decalogo della linguistica del testo: pg. 182 – 183

3. LINGUISTICA DEL TESTO COME GRAMMATICA TRANSFRASTICA

    1. Grammatica transfrastica: “testo come piano della strutturazione idiolinguistica”
    2. Linguistica del senso: “testo come piano del linguaggio in generale”
    3. Il testo può essere un elemento razionalmente non necessario come piano della strutturazione idiolinguistica (il testo in senso generale è necessario), tuttavia in ogni lingua finora conosciuta il piano del testo è presente.
    4. Quattro caratteristiche dei piani: iperordinazione, subordinazione, coordinazione, sostituzione.
    5. Sostituzione: solitamente ristretta alla pronominalizzazione in realtà anche altre forme possono fare da pronomi, ad es. le riprese mediante sinonimi e iperonimi o la ripresa implicita (…la chiesa…)
    6. coordinazione: al di qua e al di là dei limiti della frase: “Gianni e Maria leggono” (Gianni legge+ Maria legge)
    7. competenza locutiva, idiomatica e espressiva sono unite nella pratica ma vanno divise e si lasciano distinguere.
    8. Linguistica transfrastica è una scienza ausiliaria indispensabile per la linguistica del testo.
    9. Lingua fa da piano dell’espressione, il testo da piano del contenuto ogni volta di secondo grado.
    10. retorica antica: inventio, disposito, elocutio, memoria, vox
    11. iperordinazione c’è sempre nel testo. Coordinazione ha delle forme specifiche (da una parte, dall’altra). Subordinazione (citazioni).

Fonte: http://www.traccedistudio.it/ 

coseriu.de

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Ce înseamnă ”Rost, rosti, rostui”?


Limba Română, Nr. 9-10, anul XX, 2010 ITINERAR LEXICAL, ”Rost, rosti, rostui”, de Nicolae FELECAN


Toate metaforele bazate pe asemănările luate din corpuri,
pentru a semnifica operaţii abstracte ale minţii, trebuie să-şi aibă originea în acele timpuri în care filozofia începe să treacă de etapa ei rudimentară. Aceasta se dovedeşte prin faptul
că în orice limbă cuvintele necesare artelor culte şi ştiinţelor
raţionale au origini rurale.

Giambattista Vico

Puţină lume mai ştie astăzi că în limba română veche exista cuvântul rost cu înţelesul de „gură”. Textele vechi, dar şi altele moderne, ne oferă numeroase exemple: „Rostu au şi nu grăiescu” (Psalt.); „Se mira de cuvintele lui pline de dragoste, carele ieşea den rostul lui” (Noul Testament, 1648); „Deschide-ţi svăntul rost şi măngăie maica ta” (Varlaam); „Şi-i turnară în svântul rost dzămi iuţi amestecate cu oţăt şi păcură” (Dosoftei); „Ascultă pe fericitul Ioan cel cu rostul de aur” (Neagoe), „Ah! Ce frumoase vorbe din rostul lui răsar” (Coşbuc); „Sfânt să fie rostul tătâne-meu, că bine m-a învăţat” (Creangă).

Termenul provine din latinescul rostrum, s.n. „cioc (de raţă)” „bot”, care trimite la verbul rodo, rodere, rosi, rosum „a roade, a mânca”. În jurul acestui sens s-au mai adăugat, prin comparaţie, încă două: „1. Pinten de corabie în formă de cioc, din fier sau bronz, cu care se izbeau în proră sau în coastă corăbiile duşmane; 2. Vârf încovoiat de cosor; vârf al fierului plugului; cioc de vas de luminat (opaiţ)”. Pluralul rostra trimitea doar la sensurile derivate: „1. Tribună (tribuna oratorilor în forul roman ornată cu ciocurile de corăbii capturate de la inamic): in rostra ascendere; de rostris descendere (Cicero) „a urca la tribună”; „a coborî de la tribună”; 2. For: a rostris manat rumor (Horatius) „din for se răspândeşte un zvon” (Guţu, 1983, s. v.).

În ironie sau zeflemea, cuvântul a început să fie utilizat şi pentru „gura” omului, ca sinonim al lui os, oris, n. (vezi Marc. Empiricus, De medicam., XII, 46, deşi alţii, precum Nonius, afirmă că nu trebuie întrebuinţat când se vorbeşte despre om: rostrum hominis dici non debere consuetudo praesumpsit) (Densusianu, 1961, I, 132).

Dar fenomenul trecerii înţelesurilor cuvintelor de la animal la om (o înnobilare semantică) constituie o trăsătură specific umană, în timp şi spaţiu, şi nu trebuie să ne surprindă. Şi în alte limbi se folosesc pentru „gură” termeni specializaţi în a denumi „botul” animalelor sau „ciocul” păsărilor: în franceză gueule „bot (la animale)”, „gură”; în italiană becco „cioc”, (fig., glumeţ) „gură”; în română: flit, rât, cioc, clonţ, plisc etc.: ţine-ţi flitul; lasă pliscul; tacă-ţi clonţul; ciocu mic etc.

În româneşte sensul concret al lui rost s-a dedublat: rostul ca gură a sfârşit prin a însemna deopotrivă deschizătură, şi fiecare dintre ele şi-a dezvoltat sensuri figurate, speculative (Noica, 1987, 20). La această observaţie putem adăuga şi faptul că două derivate importante, verbele a rosti şi a rostui, trimit, distinct, la aceste două accepţiuni.

Cu primul înţeles, atestările demonstrează că, întocmai ca şi alţi termeni din acelaşi câmp onomasiologic (v. Felecan, 2005), rost s-a putut folosi pentru a denumi şi „facultatea de a vorbi, de a avea glas şi grai” sau chiar „mod de a se exprima în scris, stil”: „Că nu e în rostulu loru adevăr” (Psalt. Hur.); „Asinul… grăi cu rost omenesc” (Biblia, 1648); „Să strigaţi într-un rost” (Iacob Negruzzi); „Nu te mira de cumva îmi voi muta rostul, şi altmintrelea de cum am obişnuit voi scrie” (Şincai). În sfârşit, de la sensul concret „gură şi facultate de a vorbi” s-a trecut la sensul abstract de „limbă, vorbire, discurs”: „Şi era tot pământul un rost şi un glas la toţi” (Biblia, 1688); „rost de bun ritor” (Cantemir); „Îiascultam rostul greu şi încâlcit” (Sadoveanu) (exemplele în DLR; unele şi la Noica, 1987, 21-22).

Legat de sensul „gură”, rost şi-a format şi câteva derivate: verbul a rosti „1. A pronunţa sunete, cuvinte cu ajutorul organelor vorbirii; 2. A zice, a spune, a vorbi”: „A rostit vorbele acestea cu glasul aşa de cald” (Caragiale), rostisi (înv.) „a înfiinţa”, rostuleţ, s.n., şi mai departe, de la verbul rosti, cuvintele: rostime, s.f., (neobişnuit) „înţelegere, pricepere”; rostire, s.f., rostit, adj., rostitor-oare, adj. şi s.f., rostitură, s.f. Dar ceea ce-l face încă prezent în accepţiunea primară este expresia pe de rost, însoţită de verbe „dicendi”, ca a grăi, a învăţa, a recita, a spune, a şti, a zice etc., însemnând „prin viu grai, verbal”, în opoziţie cu „în scris, de pe carte”: „Spunea pe de rost, murmurând repede, fără înţeles, rugăciunea lungă” (Sadoveanu). Însă şi mai frumos se învederează sensul de „gură” în sintagma a lua (pe cineva) la rost, adică „a face observaţii verbale cuiva; a blama, a ocărî; a obliga (pe cineva) să răspundă de faptele sale; a-i cere socoteală”: „Căpitanul meu micuţ şi cu faţa blondă mă ia la rost” (Camil Petrescu).

Cu înţelesul de „deschizătură” cuvântul a avut o evoluţie mai interesantă. Printr-o metaforă, dar în sens invers, de la uman spre concretul material, rost şi-a adăugat înţelesul de „Spaţiu în formă de unghi, format la războiul de ţesut între firele de urzeală ridicate de iţe şi cele rămase jos, prin care se trece suveica cu firul de bătătură”, de unde şi expresia a porni rostul = „a începe ţesutul”: „Mariţa ca o nevastă Vrea rostul să şi-l pornească” (Şez.). Dicţionarul limbii române (DLR), precum şi Atlasul lingvistic român (ALR1), oferă şi alte sensuri concrete ale cuvântului legate de această îndeletnicire casnică a ţăranului, şi anume: „distanţă de la sulul de dinainte până la spată”; „distanţa din cinci în cinci coţi la pânza ţesută”; „locul unde se încrucişează firele pe răşchitor sau pe urzitor”; „încrucişarea firelor, jurubiţă”; „grup de zece ighinţi de fire încrucişate pe răşchitor sau urzitor”; „crestătura, raza urzitorului”; „vergea de trestie care se pune la urzeală ca să nu se încurce firele”; „urzeala înfăşurată pe sulul dinapoi al războiului”; „rost la răşchitor”.

Întrucât ţesutul era o preocupare importantă şi permanentă a omului (cu deosebire a femeilor), iar rostul la pânză era precumpănitor, fiindcă de el depindea bunul mers al activităţii şi uşurătatea acestuia, cuvântul şi-a găsit întrebuinţări şi în alte domenii ale ocupaţiilor gospodăreşti: „partea unui obiect care taie, tăiş”: „Le sunt dinţii lănci cu ostii de mânie Slobodzâte şi li-i limba spată iute, Ascuţită-n două rosturi ca pre cute” (Dosoftei); „un fel de gură cu dinţi; dinţii fierăstrăului”.

Vechimea cuvântului, pornind de la sensurile derivate, poate fi dovedită şi prin alte derivate menţionate în DLR, precum: rostar, s.n. (reg.) 1. „Unealtă cu care se rosteşte pânza”; 2. „Unealta cu care se înclină dinţii fierăstrăului de o parte şi de alta a pânzei lui; dinţar”; la plural, rostare şi rostori, cu sensul de „cuie mici, de care se servesc rotarii pentru a delimita curba roţii şi locul spiţelor”; rosteală, pl. rosteli, s.f. 1. (Prin sud-estul Olt.; în expr.) a face rosteală = „a pune la cale, a începe, a porni; a face rost de ceva”; 2. (Prin nord-vestul Munt.) „agoniseală, chiverniseală”: „N-are nicio rosteală omul acesta la casa lui” (Udrescu); „căpătuială, căsătorie”: „Până i-a face rosteala, mai va” (Udrescu), rostelnic, s.n. (reg.) „Numele unei unelte de tâmplărie”.

Tot de la sensul de „rost al pânzei”, găsim cuvântul utilizat ca „deschizătură în construcţii”, precum: „spaţiul îngust dintre cărămizile unui zid, dintre ulucii unui gard, dintre scândurile unei duşumele, dintre ţiglele unui acoperiş, dintre piesele ce trebuie sudate”, deci orice „interval, crăpătură”. Se mai numeşte aşa „crestătura făcută în piciorul de sus al prispei”, sau, regional, „uşorul de la uşă”, dar şi „jgheabul săpat în lemn, pe care alunecă o fierăstruică, o uşă, un capac”. În unele părţi se numesc rosturi şi „cele două orificii tăiate în cutia viorii”. Mai specială, dar tot concretă, este denumirea pentru „laturile formate din filele unei cărţi închise, pe unde se pune uneori aur, la legarea cărţilor”: „Erminie cum să pui aur pe la rosturile cărţii” (Grecu). Derivatul verbal utilizat pentru asemenea accepţiuni este a rostui (uneori, regional, a rosta), de la care s-au format derivatele: rostuială, s.f., rostuire, s.f., rostuit, adj., rostuitor, s.n.

Cunoscând acum evoluţia celor două sensuri ale cuvântului rost, „gură” şi „deschizătură”, vom putea percepe mai uşor accepţiunea de „rost-rânduială”, care, la ora actuală, „s-a desprins de real şi a devenit egalul grecescului logos, care însemna şi cuvânt, şi raţiune, şi socoteală, şi raport, şi definiţie, şi rostul ultim al lumii” (Noica, 1987, 20).

Cunoscutul filozof român, Constantin Noica, afirma că „saltul de la concret la abstract şi de la sens material la sens speculativ” al cuvântului rost nu poate fi explicat pe linia sensului rost-gură, ci „mai degrabă de la rost-deschidere, pe linia lui independentă”. Ţesătura a fost întotdeauna un model pentru structură şi ordine (de unde şi expresia „ţesătura lumii”), după cum zimţii unui ferăstrău şi aşezarea pe rânduri a cărămizilor şi ţiglelor de pe acoperiş sau a gardurilor dau o imagine a ordinii. Deschiderea regulată şi revenirea ritmică a intervalurilor, punctarea a ceea ce este cu pauzele locurilor goale, iată o sugestie pentru ordine” (Noica, 1987, 23): „Arta rostirilor în lemn a atins perfecţiunea în realizarea fusului (de tors cânepa şi lâna), …, emblema meşterilor lemnari din Maramureş” ; „În creaţia sa «rostirile» capătă o încărcătură filozofică prin trimiterea la rosturile lumii şi existenţei” (IM, X, 2565, 9).

Numeroasele expresii şi locuţiuni, de tipul cu rost; fără rost; a da de rost „a desluşi, a da de capăt”: „Nu-i dau de rost, mâine o să am mai multă inspiraţie” (Călinescu); a (nu) şti de rostul cuiva (sau a ceva); a nu-şi afla rost; a-şi pierde rostul; a fi în rostul lui şi altele ne duc la sensuri ca: „Mod, fel de organizare a unei activităţi”; „Plan de executare a unui lucru, a ceva; Ordine după care se desfăşoară o acţiune”, şi menţin cuvântul în sfera „social-materială şi de familie a cuiva”, deci în situaţii reale. Numai odată cu trecerea lui la sensurile de „noimă, scop, tâlc, ţel; justificare, menire, raţiune” el „este scos cu desăvârşire din orice angajare materială; acum rostul s-a desprins de real şi a devenit legea lui adâncă sau sensul ideal al realului” (Noica, 1987, 24): „Făcură tot ce trebuia pentru rostul căsătoriei lor” (Ispirescu); „Îi lipsea rostul obişnuit şi ticna de toate zilele” (Slavici); „Numai cei nepricepuţi nu pot pătrunde rostul cuvântului” (Rebreanu); „Un băiat care munceşte, încet-încet îşi face un rost” (Preda).

Din cele afirmate se învederează faptul că rost a avut o dezvoltare semantică distinctă pentru sensurile de „gură” şi „deschizătură”, culminând cu înţelesuri abstracte ce duc la cea mai fină speculaţie filozofică. În opinia aceluiaşi filozof Constantin Noica aceste sensuri disparate sunt din nou unite în derivatul rostire, care „nu pierde nici sensurile materiale ale rostului şi urcă în acelaşi timp spre sensurile speculative”. „Termenul rostire reintegrează aceea ce rostul pierduse, anume cuvântul. De aceea: «La început a fost Cuvântul» ar putea mai bine fi redat prin: «La început a fost Rostirea», adică punerea în rost, rostuirea lucrurilor” (Noica, 1987, 24, 25, 20).

În concluzie, nu e greu să observăm, alături de G. I. Tohăneanu (1976, 129), că în tot ce rostim şi în tot ce rostuim e un mândru ROST.

Note

1 ALR I 651/125; ALRM II/I, h. 282/791; ALR S. N., I, h.

Bibliografie

1. ALR(M) = Atlasul lingvistic român, publicat de Muzeul limbii române din Cluj, sub conducerea lui S. Puşcariu. Partea I, vol. I-II de S. Pop, Cluj – Sibiu – Leipzig, 1942; Micul Atlas Lingvistic Român, (ALRM) Serie Nouă, vol. I, Editura Academiei, Bucureşti, 1956.

2. Ion Coteanu, Marius Sala, Etimologia şi limba română. Principii – Probleme, Editura Academiei, Bucureşti, 1987.

3. DAR = Gh. Bulgăr, Gh. Constantinescu-Dobridor, Dicţionar de arhaisme şi regionalisme, Editura Saeculum I. O., Bucureşti, 2000.

4. DEL = Elena Comşulea, Sabina Teiuş, Valentina Şerban, Dicţionar de expresii şi locuţiuni, Editura Ştiinţa, 1998.

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10. IM = Informaţia zilei, Maramureş, An X, nr. 2565, Vineri, 26 februarie 2010, p. 9.

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15. Giambattista Vico, Ştiinţa nouă. Studiu introductiv, traducere şi indici de Nina Façon, Editura Univers, Bucureşti, 1972.

Sursa: https://limbaromana.md/index.php?go=articole&n=1062