Luigi Troiani: “le 80 più ricche famiglie al mondo detengono più ricchezza del 50% più povero dell’umanità”


Roma, Sala Capitolare -Senato Della Repubblica , Giornata di studio e riflessione su Un Nuovo Umanesimo in Europa , venerdì 10 marzo 2023. Pubblichiamo il testo della Conferenza di Luigi Troiani, docente di Relazioni Internazionali alla Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino in Urbe “Angelicum”.

“È tempo di ritornare umani”, abbiamo letto in un foglio sbattuto dal vento sulla spiaggia di Cutro. Di fronte a quella spiaggia sono stati recuperati sinora 72 corpi.

Quousque tandem abutere, si potrebbe dire con Cicerone che parla ai senatori contro il cospiratore Catilina: Fino a quando voi potenti e straricchi della Terra abuserete della nostra pazienza?

E ancora: Fino a quando noi, piccoli e poveri del mondo, lasceremo che i troppo potenti e i troppo ricchi abusino di noi?

Sta scorrendo da troppo tempo, il tempo di ritornare umani, questa è la verità. Ammesso che sia vero ciò che noi qui tutti crediamo, ovvero che nonostante il grande male e la violenza che ci circonda e invade, il genere umano ha l’opportunità, e può darsi la capacità, di smetterla con i comportamenti di inimicizia verso la sua stessa specie e verso la sola e comune casa che lo ospita, il pianeta Terra.

Proviamo a vederli questi comportamenti di inimicizia. Sono così numerosi che non possono essere tutti elencati, ma con alcuni occorre necessariamente confrontarsi.

1)Per i comportamenti contro la specie, basterebbe il lungo elenco delle guerre in corso. Dopo gli anni del blocco o quasi alla violenza degli stati, seguiti all’implosione dell’Unione Sovietica, il ferro e il fuoco della ferocia bellica – prerogativa degli stati ma non solo – hanno ripreso a martoriare i popoli e le nazioni, a distruggerne vita e beni, a generare invalidi e disperati a vita. Si calcolano in questo momento più di 60 guerre in corso nel mondo.

C’è guerra nell’Europa dell’Ucraina invasa dall’aggressore russo, nel Medio Oriente dei satrapi locali che tengono in ostaggio intere popolazioni e di uno stato democratico – Israele – che preferisce la forza al diritto, nell’Africa delle decine di guerre e guerricciole (jihadiste, etniche, economiche, razziali, territoriali), nell’Asia dei governi dispotici dove i nemici da eliminare sono le minoranze etniche, religiose, ideologiche e il riarmo generalizzato non annuncia nulla di buono.

Non risolvono più nulla o quasi le guerre. Sono strumenti obsoleti da mettere nella spazzatura della storia perché non solo hanno poche o nulle soluzioni da offrire, ma perché anzi aggravano e incancreniscono situazioni che la trattativa multilaterale potrebbe sempre risolvere, come mostra l’esempio dell’Unione Europea, le cui istituzioni sono state insignite del Premio Nobel per la Pace, per la semplice ragione che mai nei territori che via via sono venuti a farne parte è stato sparato un solo colpo di fucile attraverso le frontiere, anzi queste sono state abolite per consentire l’affratellamento tra i popoli, gli scambi commerciali equi, le collaborazioni economiche sociali e culturali tra i paesi membri. Per questo ieri a Maidan in Kyiv, oggi a Tblisi in Georgia si grida di voler entrare nell’Ue!

Eppure i territori oggi parte della Ue, erano stati per due millenni il regno di Marte, dio della guerra. Oggi da esponenti del suo grande alleato, gli Stati Uniti, l’Ue viene definita Venere, quasi fosse dedita al culto della dea greco-romana dell’amore.

Sotto questo profilo, l’Ue è una best practice da additare alle regioni del mondo martirizzate da guerre e dittature (spesso le due cose stanno insieme, condite dal mostruoso egoismo del nazionalismo sovranista che rovina i popoli e le patrie che, convinti dalla retorica dei governanti, gli corrono dietro).

I popoli dovrebbero posare le armi e gettarle nel fuoco per trasformarle in aratri che dissodino la terra; e attrezzi che ricostruiscano le case abbattute dalle bombe. E dovrebbero spingere i loro governanti a sedersi a un tavolo multilaterale dove concordare patti vantaggiosi per tutte le parti in causa.

Non vi è altra scelta: o il regionalismo cooperativo, o la guerra tra le nazioni! Basta con i nazionalismi, basta con le guerre di aggressione che costringono i popoli aggrediti a resistere, a difendere la loro casa e il diritto internazionale uccidendo e morendo anche nella giusta e doverosa guerra di resistenza. Ancora con Cicerone: CEDANT ARMA TOGAE, che le armi cedano il passo al diritto e alla giustizia.

E basta anche con lo sfruttamento del grande sul piccolo, dell’accumulazione ingiusta e dannosa di grandi fortune in poche mani, quando ancora miliardi di esseri umani non sanno come arrivare alla sera, come crescere i figli, come garantirsi una serena esistenza, e una decorosa vecchiaia semmai l’avranno. 

La polarizzazione della ricchezza in poche mani e il contestuale espandersi di diseguaglianza e povertà, hanno raggiunto livelli di preoccupante irrazionalità economica, sintetizzabile nel dato che attribuisce più della metà della ricchezza globale all’1% della popolazione mondiale. Gli effetti di un meccanismo apparentemente inarrestabile, porta ricchezze enormi in pochissime famiglie speculative, sottraendo consumi e investimenti alla stragrande maggioranza dell’umanità, con ciò rendendo il capitalismo attuale, improponibile come modello universale.

I danni si vedono anche in territori abbastanza omogenei come l’Europa dove si vanno creando distanze difficilmente sanabili: il lussemburghese medio gode oggi un reddito che è, secondo Banca Mondiale, trenta volte quello di un moldavo medio. E immaginiamo cosa sarà del livello di vita ucraino alla fine della guerra di aggressione russa!

La britannica Oxfam ci informa che le 80 più ricche famiglie al mondo detengono più ricchezza del 50% più povero dell’umanità: in 80 hanno tanta ricchezza quanto 4 miliardi. Direte: cosa risaputa da anni, i governi nel frattempo avranno messo mano a riforme di redistribuzione. No invece. Sempre Oxfam ci ha detto, a gennaio a Davos, che gli anni di pandemia (2020-2022) sono stati eccellenti occasioni per alimentare come non mai la bulimia dei troppo ricchi: l’1% più ricco della popolazione mondiale ha incamerato almeno due terzi di tutta la nuova ricchezza formatasi, equivalente a quasi il doppio del denaro andato al residuo 99% della popolazione mondiale.

Come visto con il caso moldavo, è problema anche europeo. Eurobarometro ha appena pubblicato un’inchiesta su ineguaglianze, equità, mobilità inter-generazionale: meno della metà dei cittadini della Ue ritiene che la nostra società sia equa ed eguale. La vasta maggioranza chiede politiche sociali più forti. Il “Gruppo di alto livello sul futuro della protezione sociale e del welfare state nell’Ue”, presieduto da Anna Diamantopoulou,  ha appena presentato il suo rapporto: ha ben 21 raccomandazioni per migliorare la protezione sociale e il welfare state in sei aree. Speriamo sia la volta buona per far riprendere all’Unione Europea la sua natura iniziale di “economia sociale di mercato”.

Guardando alla struttura degli affari internazionali nel terzo decennio del XXI secolo, si ha la sensazione che la maggior parte degli stati si ritrovi, per seri errori di prospettiva commessi nel periodo che ci separa dalla fine del regime sovietico, di fronte al bivio esistenziale. Da un lato il percorso che porterebbe a restituire razionalità al sistema internazionale. Dall’altro quello che potrebbe condurre gli stati a veder deperire il ruolo che la modernità, dalla fine dell’assolutismo europeo, ha loro assegnato.

Paradossalmente il secondo percorso potrebbe essere imboccato a causa della pretesa degli stati al protagonismo ipertrofico, attraverso il recupero di due fattori che nella storia hanno sempre giocato contro di loro causandone, nel lungo periodo, l’indebolimento se non l’irrilevanza. Questi fattori sono il nazionalismo proteso all’egemonia con il rifiuto alla collaborazione con altri stati in fori multilaterali istituzionalizzati, e la forma di governo autoritaria o peggio dispotica sostenuta da corruzione e interessi economici perversi. I due fattori, combinati o in solitario, generano le situazioni definibili come “diplomazia dell’arroganza”: gli stati abbandonano i percorsi del dialogo e della trattativa, in particolare nei fori multilaterali, e adottano quelli della minaccia sino all’aggressione armata. In alleanza con i gruppi di potere economico e finanziario che li sostengono e li foraggiano, promuovono l’arricchimento di chi ha già troppo contro gli interessi di chi ha troppo poco.

È anche questa perversione del ruolo degli stati che spiega i gravi rischi per la sopravvivenza stessa del pianeta così come lo abbiamo conosciuto, inclusa la partita sul contributo umano al riscaldamento globale, che gli stati annunciano di voler giocare, ma poi non giocano.

In un sistema internazionale teoricamente votato alla decarbonizzazione e più in generale alla pulizia dell’aria e delle acque non si fa una guerra sporca come quella in corso in Europa che è anche una catastrofe ambientale che sta cancellando anni e anni di impegno di tanti soggetti pubblici e privati. Proviamo solo a immaginare quale impatto avranno le continue esplosioni, l’uso gigantesco di munizioni e proiettili (i frammenti metallici delle granate contengono ghisa mista ad acciaio il che significa ferro e carbonio ma anche zolfo e rame), le polveri sottili e l’anidride carbonica che salgono verso l’atmosfera, l’avvelenamento dei fiumi e dei laghi ad opera di metalli e combustibili. Il tutto in un paese agricolo, che esporta grano in tutto il mondo. Proviamo a immaginare quale grano sarà quest’anno quel grano!

E chi può seriamente dire quali saranno gli effetti finali dell’occupazione da parte delle truppe russe delle centrali nucleari ucraine, e dei bombardamenti sui siti industriali (rilascio di ossidi di zolfo e di azoto ovvero piogge acide)? Circa un terzo delle foreste ucraine (3 milioni di ettari) è distrutto e danneggiato, il 20% delle aree protette risulta manomesso, più di 10 parchi naturali, 8 riserve naturali e 2 riserve di biosfera si sono ritrovate sotto occupazione, 450 mila ettari sono in zone occupate o interessate dai combattimenti.

Se davvero vogliamo militare per un nuovo umanesimo in Europa, che sia il primo tassello di un mondo tutto dalla parte dell’essere umano, dobbiamo capire che dobbiamo operare per trasformare la politica e l’economia, responsabili della condizione per certi versi tragica nella quale versa l’uomo. È tempo che la cultura, le religioni, le idee tornino a condizionare lo spadroneggiamento dei troppo potenti e dei troppo ricchi, per condurli verso quell’umanesimo integrale che Jacques Maritain indicò come obiettivo novant’anni fa agli studenti dell’università di Santander.

Se gli stati e le imprese, oggi per lo più inadempienti rispetto ai loro doveri verso l’uomo, saranno costretti a ripensare il loro ruolo dalla pressione delle persone e associazioni libere, con senso etico e religioso della vita, le grandi risorse del nostro tempo – pensiamo alla nuova energia, pensiamo al flusso continuo delle nuove tecnologie e della scienza – saranno messe non al servizio del potere politico ed economico, ma dell’essere umano, tornato finalmente fine, non più utilizzato come un mezzo.

Luigi Troiani

Roma, 22 febbraio, Convegno al CNEL: Diritto europeo o costituzioni nazionali?


  Venerdì 22 febbraio 2019, ore 09:00 – 13:00, a Roma, presso il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) – Sala Parlamentino Via Davide Lubin, 2, si svolgerà il convegno “Diritto Europeo o Costituzioni Nazionali? Il primato del diritto europeo sul diritto interno: sono ammessi limiti?” Presiede e modera Prof. Luigi Troiani docente di Storia e Politiche delle Istituzioni Europee alla Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università di S. Tommaso d’Aquino “Angelicum”.

 

Programma

Presiede e modera Luigi Troiani

ore 9:30 Introduzione

Tiziano Treu Presidente Cnel

Giorgio Benvenuto Presidente Fondazione Bruno Buozzi

ore 10:00 Dalla prospettiva Europa

Pietro Troianiello, Corte di giustizia dell’Ue e corti dei paesi membri: i termini del dialogo

Francesca Bailo, Il caso Taricco: i controlimiti costituzionali alla prevalenza del diritto Ue

Joakim Nergelius, Corti costituzionali nazionali e corti Ue: il caso della Svezia

Roberto Chenal, Il dialogo tra la Corte Europea dei Diritti Umani e le corti italiane: i protocolli di collaborazione

 

ore 11:30 Dalla prospettiva Italia

Felice Besostri, Legge elettorale europea n. 18/1979 e trattato di Lisbona: rilievi di diritto costituzionale e di diritto europeo

Pasquale De Sena, La cooperazione fra Corte Europea dei Diritti Umani e corti italiane: prospettive e limiti del protocollo 16 alla Convenzione Europea dei Diritti Umani

Cesare Pinelli, Controlimiti e principi supremi

 

ore 12:40 Chiusura

Silvana Sciarra, Giudice della Corte Costituzionale

 

Info: Fondazione Bruno Buozzi tel 066798547 – e mail: fbb@fondazionebrunobuozzi.it

Scarica il pdf: Programma-Convegno-CNEL-22-2-2019